Può essere utile ripercorrere i principi consolidati della giurisprudenza amministrativa in ordine alla dimostrazione della preesistenza di edifici (ancor più precisamente: dell’ultimazione) rispetto all’introduzione nell’ordinamento dell’obbligo di acquisire il titolo edilizio per la loro costruzione; obbligo che, si rammenta, è intervenuto con la promulgazione della cosiddetta Legge Urbanistica Fondamentale (l. 1150/1942) per l’edificazione all’interno dei centri abitati, divenuto dovere generalizzato di ottenimento della licenza edilizia per tutti gli interventi edilizi (intesi quali nuove costruzioni, ampliamenti, modifiche e demolizioni di manufatti esistenti, nonché opere di urbanizzazione) eseguiti sul territorio comunale a partire dalla pubblicazione della cosiddetta Legge Ponte (l. n. 761/67).
È dato indiscusso che l’onere della prova dell’intervenuta ultimazione di un’opera edilizia entro una certa data, al fine di dimostrare che si tratta di una di quelle escluse ratione temporis dall’obbligo di titolo edilizio (o al fine di applicare una sanatoria o, ancora, ai fini dell’accertamento della regola locale vigente al momento dell’ultimazione dell’opera, dato la cui verifica può essere indispensabile in occasione di accertamenti di conformità) incombe in linea generale sul privato interessato <in quanto solo l’interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicarne la ragionevole certezza, e ciò in quanto l’onere di provare la data di realizzazione e la consistenza dell’immobile abusivo spetta a colui che ha commesso l’abuso, mentre solo la deduzione da parte di quest’ultimo di concreti elementi di riscontro trasferisce il suddetto onere di prova contraria in capo all’amministrazione> (così Consiglio di Stato, 8 luglio 2025, n. 5949, diritto, par. 8.2, ivi con ampio richiamo a precedenti giurisprudenziali).
Data tale premessa, si pone la questione della tipologia di atti e documenti ammessi al fine probatorio.
È da escludere la possibilità di avvalersi di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa dallo stesso proprietario (Cons. Stato, ult. cit.), mentre possono trovare ingresso dichiarazioni rese da terzi (Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 febbraio 2022, n. 1222).
Gli elementi, principi di prova, addotti dalla parte interessata su cui incombe l’onere della prova devono essere gravi, precisi e concordanti nel rispetto dell’art. 2697 cc (norma il cui ambito applicativo concerne, per l’appunto, tutte quelle situazioni in cui manca la prova di un fatto rilevante al fine del giudizio). Con riferimento alla peculiare fattispecie dell’onere, incombente sul privato interessato, di dimostrare la data di compimento di un manufatto edilizio, la giurisprudenza amministrativa elabora i concetti di gravità, precisione e concordanza delle presunzioni allegate nel senso che <Il requisito della gravità delle presunzioni implica che queste debbano avere un alto grado di attendibilità e probabilità per convincere il giudice e debbano essere chiare e non ambigue. In pratica non è necessaria la certezza assoluta ma è sufficiente un grado di probabilità superiore a quello dell’opposta tesi. La giurisprudenza concorda con questo orientamento, sostenendo che non è richiesto raggiungere la certezza assoluta attraverso l’inferenza presuntiva, ma che sia sufficiente accertare il rapporto logico tra il fatto noto e il fatto da provare, basandosi su canoni di probabilità e regole di esperienza. Il requisito della concordanza delle presunzioni semplici significa che più presunzioni devono convergere sulla stessa conclusione> (Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 14 agosto 2025, n. 661).
Si conferma in tale modo quel bisogno di temperamento dell’onere della prova con il principio di ragionevolezza espresso ripetutamente dal Giudice amministrativo e che consente al privato di ricorrere ad esempio, in difetto di altra documentazione ufficiale, ad aerofotogrammi, dichiarazioni sostitutive di edificazione anteriore al 1967, relazioni tecniche e financo cartoline d’epoca.